Chiunque abbia avuto a che fare con bambini molto piccoli si sarà accorto di un particolare curioso: la loro costante ricerca di punti fermi e certezze nel caos multiforme della realtà. Questo spiega l’enorme successo (fra i bambini, non sempre fra i genitori!) di certi cartoni animati in cui si ripetono all’infinito le stesse battute e gli stessi gesti.
Pensandoci bene, fino a un paio di secoli fa il mondo reale non era poi così diverso da quello di certi cartoni animati. Le innovazioni radicali, in grado di modificare la vita delle persone comuni su larga scala, sono state per millenni eventi rari. Considerando anche la bassa aspettativa di vita (nell’Italia di inizio ‘900, ad esempio, era di 45 anni circa), non era così infrequente trascorrere la propria esistenza in un mondo senza cambiamenti significativi.
Nell’ultimo secolo la situazione è cambiata radicalmente. Le innovazioni si sono susseguite con una rapidità mai vista prima, strappandoci con forza dalle immutabili certezze del mondo dei cartoni. E tuttavia la nostra prima reazione di fronte alle novità è quasi sempre la stessa: opporre resistenza, ignorarla, continuare come prima.
Dal momento che i cambiamenti sono ormai una costante nelle nostre vite, come possiamo affrontarli in maniera costruttiva?
Insomma, non esiste un’unica strategia sempre valida per affrontare i cambiamenti: ogni situazione è differente e richiede misure ad hoc. Ciò che conta è essere innovativi, cioè aver interiorizzato una cultura del cambiamento. Come già detto in una nostra uscita precedente, l’innovazione non è che il modo con il quale persone e sistemi organizzati acquisiscono i cambiamenti. Ben vengano, a questo scopo, i ruoli di facilitatori e coach per contribuire alla creazione di una mentalità aziendale innovativa. È tuttavia cruciale non trasformarli mai in centri di potere, a rischio staticità per natura, che produrrebbero l’effetto opposto di quello desiderato.
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