Human Review
Marzo 14, 2023Come mantenere gli incentivi per l’Industria 4.0?
Maggio 15, 2023Abbiamo letto “Il dominio dei robot”di Martin Ford e abbiamo raccolto sei falsi miti sull’AI da condividere con voi. Non sono i soliti luoghi comuni (“sono pro” o “sono contro”) e ci aiutano a capire meglio dove stia andando l’AI e cosa aspettarci nei prossimi anni.
Potremo presto delegare all’AI i lavori manuali, spesso meno retribuiti e meno qualificati.
No, almeno nel breve termine. In generale, molti dei lavori manuali e meno retribuiti richiedono capacità che i robot ancora non padroneggiano, come muoversi in un ambiente complesso e imprevedibile, oppure riconoscere e trasportare oggetti sempre diversi. Per l’AI, infatti, è molto più semplice analizzare enormi quantità di informazioni che prendere una birra dal frigorifero! Le prime professioni che automatizzeremo completamente saranno i “lavori impiegatizi incentrati su attività di routine di analisi, manipolazione, estrazione e comunicazione di informazioni”. I famosi copia e incolla, che di certo non valorizzano la nostra umanità comportano inefficienze.
Imparare a scrivere codice è il modo migliore per garantirsi un posto di lavoro anche in futuro.
Se l’AI prenderà il sopravvento, si sente spesso dire, di professione faremo tutti gli informatici.
È vero, lo sviluppo tecnologico ha creato negli ultimi decenni un’enorme domanda di professionisti IT. Ma con il perfezionamento dell’intelligenza artificiale anche le attività di programmazione verranno automatizzate. Secondo Ford, i lavori “sicuri” e a prova di robot sono quelli non prevedibili e non routinari, riconducibili a tre ambiti:
- l’ambito della creatività e dell’innovazione, del pensare fuori dagli schemi: per definizione, le AI rielaborano dati già esistenti, non sanno creare contenuti rivoluzionari;
- l’ambito delle relazioni umane durature e complesse, che richiedono la totale fiducia di entrambe le parti: infermieri e consulenti svolgono professioni di questo genere;
- l’ambito delle professioni che richiedono mobilità e problem solving in ambienti imprevedibili, come i lavori di caregiver, elettricista e idraulico.
Grazie all’AI avremo presto dei robot tuttofare a cui delegare qualsiasi compito.
Allo stato attuale delle cose, la creazione di un’intelligenza artificiale in tutto e per tutto paragonabile all’uomo (AGI, Artificial General Intelligence) è un’utopia. L’AI non si affermerà attraverso un’unica entità multicompetente, ma attraverso una serie di applicazioni altamente specifiche, ciascuna ottimizzata per svolgere al meglio un range limitato di compiti. Proprio come le app che abbiamo sullo smartphone!
L’intelligenza artificiale contribuirà ad aggravare la crisi climatica.
È vero, la quantità di energia richiesta dai cervelli artificiali è ingente, ma è in corso un processo di ottimizzazione che lascia ben sperare, soprattutto nell’ambito dei chip. I consumi energetici non crescono più in maniera proporzionale alla capacità di calcolo, ma in percentuali decisamente meno significative. Inoltre l’AI sa fare previsioni e creare modelli sempre più precisi per affrontare la catastrofe climatica e limitarne gli effetti. Ford non ha dubbi: di fronte al climate change, i benefici dell’AI superano nettamente gli svantaggi.
Entro la fine del decennio avremo auto a guida autonoma in tutte le principali città europee.
Immaginiamo un’applicazione AI che processa documenti per un’azienda e ha una precisione del 99,6%: ogni 250 documenti processati commette un errore, che un umano deve poi correggere. Considerando che 249 documenti su 250 vengono processati alla perfezione, rapidamente e senza pause, è evidente che all’azienda convenga avvalersi di una simile applicazione.
Immaginiamo ora una seconda applicazione di AI: ha la stessa precisione della precedente (99,6%), ma ha un compito diverso: guida un’auto nel traffico cittadino. In questo contesto, avere una precisione del 99,6% significa che, ad esempio, ogni 250 semafori, l’auto passa una volta con il rosso. I risultati sarebbero catastrofici.
Il problema delle auto a guida autonoma sta proprio qui: la precisione deve essere del 100% in un ambiente totalmente imprevedibile, dove un minimo errore può avere conseguenze fatali. È vero, anche i guidatori umani possono sbagliare, ma affidare la guida ad algoritmi imprecisi già in partenza, e quindi destinati all’errore, è inaccettabile. In caso di incidente, poi, su chi ricadrebbero le responsabilità? Sul proprietario? Sulla casa produttrice? Sul team che ha addestrato il modello?
Nonostante le scintillanti promesse degli ultimi anni, dovremo aspettare ancora molto prima di avere un’ampia diffusione di auto a guida autonoma in contesti urbani.
Abbiamo trovato la chiave per migliorare all’infinito le applicazioni di AI: la scalabilità.
La scalabilità, cioè la capacità di creare sistemi di AI sempre più grandi e sempre più veloci, è stato un fattore chiave nella realizzazione di intelligenze artificiali dalle performances straordinarie. L’esempio più noto è ChatGPT, la cui azienda madre, OpenAI, ha puntato tutto proprio sulla scalabilità delle reti neurali. Sembra tuttavia che scalare ulteriormente i sistemi di AI sarà presto insostenibile, sia da un punto di vista economico che energetico. Nei prossimi anni dovremo quindi trovare nuovi approcci per migliorare sensibilmente le applicazioni di AI e colmare le attuali lacune.
Quanto letto nell’articolo è una rielaborazione di alcune riflessioni contenute nel libro “Il dominio dei robot” di Martin Ford, Il Saggiatore, 2022. Si tratta di un consiglio di lettura senza alcuno scopo pubblicitario. Per ulteriori informazioni, siamo disponibili all’indirizzo info@nexitsrl.com.